Dolore: il Megafono di Dio

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In questi giorni il dolore è rientrato con forza nella nostra quotidianità.

Ogni giorno milioni di persone ascoltano un bollettino fatto di numeri che però nascondono dietro di sé malattia, morte e lutto. Numeri che, moltiplicati, coinvolgono un numero imprecisato di famiglie, amici e intere comunità.

Proprio in questi giorni il professor John Lennox, un matematico di Oxford cristiano che gira il mondo per lezioni e dibattiti scrivendo anche diversi libri su fede e scienza, ha realizzato un breve libro per riflettere e dare speranza nella situazione che il mondo sta vivendo oggi. È stato anche tradotto in italiano con il titolo “Dov’è Dio nella pandemia?”. Si tratta di un’ottima risorsa per credenti e non.

Ho collaborato nella sua edizione italiana e, leggendolo, mi ha colpito la sua sensibilità e la sua onestà nel trattare un argomento che definire “delicato” è poco. Qui sotto voglio riportare un passaggio molto importante, in cui si cita un altro famosissimo scrittore cristiano, C. S. Lewis, che anche per motivi personali indagò a fondo sul problema della sofferenza:

In un mondo devastato, danneggiato dalle conseguenze del peccato, il dolore e la sofferenza sono inevitabili. Forse ci siamo alienati da questa realtà fino a quando il coronavirus non è dilagato in tutto il mondo. Ora, non possiamo ignorarlo, né eludere le grandi domande sulla vita e sulla morte che suscita. C.S. Lewis scrive:

Possiamo ignorare anche il piacere. Ma il dolore insiste per essere notato. Dio ci sussurra nei nostri piaceri, parla nella nostra coscienza, ma grida nei nostri dolori: è il Suo megafono per svegliare un mondo sordo.

Forse il coronavirus potrebbe funzionare come un enorme altoparlante, ricordandoci la statistica definitiva: il 100% di noi muore. Se questo ci induce a guardare al Dio che forse abbiamo ignorato per anni, ma che ha indossato una corona di spine per riportarci in comunione con Lui e in un mondo nuovo e perfetto oltre la morte, allora il coronavirus, nonostante lo scompiglio che ha provocato, sarà servito a uno scopo molto salutare.

Nella nostra società che vuole a tutti i costi evitare il dolore, eccolo che ha riconquistato le prime pagine dei giornali, lasciando intere nazioni senza parole.

L’isolamento sociale della quarantena, nonostante sia assolutamente necessario per motivi sanitari, per molti può acuire queste sgradevoli sensazioni (come riportato da un ottimo articolo del blog Svolta).

Si cerca di dare un senso e una risposta a questo dolore, e io credo fermamente che il messaggio di Gesù possa fornire quelle più vere ed autentiche. Le Sue sofferenze e la Sua morte ci parlano di un Dio che non sta a guardare, ma entra nella nostra storia e porta su di sé le nostre sofferenze, la Sua risurrezione però ci spalanca le porte di una speranza eterna, che sconfigge la morte stessa.

Sta a noi che ci crediamo fare in modo che questo messaggio arrivi e possa portare consolazione e speranza. Sta a noi scegliere se questa pandemia possa essere un’occasione senza precedenti per raggiungere l’anima sofferente di tanti per aiutarli o tirare dritto aspettando con apatia il ritorno alla “normalità”. Sta a noi essere buoni samaritani o ipocriti sacerdoti.

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